IL JU JITSU
- AZ Antonio Zafarana
- 19 dic 2019
- Tempo di lettura: 6 min
Alla scoperta della madre delle Arti Marziali
Detto anche Ju Jutsu, si riferisce a un’antica arte marziale giapponese, che ha come caratteristica principale l’utilizzo strumentale del proprio corpo come un’arma, attraverso lo studio e lo sviluppo di tecniche di combattimento a mani nude o con armi. La ricerca dei luoghi e del tempo che possa definire la nascita e l’evoluzione di questo sistema di combattimento, si scontra con la mancanza di fonti storiche certe e concordanti, inoltre la moltitudine di scuole (Ryu), che si contendeva il prestigio delle tecniche migliori e più efficaci in combattimento, avvolge il Ju Jitsu con un alone di segretezza che celava la conoscenza delle tecniche migliori, le quali erano trasmesse esclusivamente per discendenza diretta, dal Maestro (Sensei) o caposcuola al figlio o all’allievo prediletto.

La peculiarità del Ju Jitsu, rispetto a tante altre arti marziali, risiede proprio nell’etimologia del nome:
“ju” significa morbido, dolce, cedevole;
“jitsu” significa arte, tecnica;
la “dolce arte” o “arte della cedevolezza” si basa su un principio molto semplice, non opporre "forza contro forza", bensì ottenere la vittoria per resa di fronte alla forza, quindi per vincere un avversario non bisogna “contrastarlo” ma assecondarlo.
Per meglio comprendere questo principio citiamo un mito giapponese di secoli fa, che attribuisce la nascita del Ju Jitsu a un medico – e praticante di arti marziali – di Nagasaki, Shirobey Akiyama, il quale, in un giorno d’inverno, durante un'abbondante nevicata, osservò che il peso della neve aveva spezzato i rami degli alberi più robusti (forti), che erano così rimasti spogli.
Lo sguardo si posò allora sull’unico albero rimasto intatto: era un salice, dai rami flessibili.
Ogni volta che la neve minacciava di spezzarli, questi si flettevano lasciandola cadere, riprendendo subito la primitiva posizione.
Questo fatto impressionò molto il bravo medico, che intuendo l'importanza del principio della non resistenza, lo applicò alle tecniche che stava studiando dando così origine a una delle scuole più antiche di Ju Jitsu tradizionale, la Scuola Hontai Yoshin Ryu (scuola dello spirito del salice), tuttora esistente e che da 400 anni si tramanda tecniche di combattimento a mani nude e con armi in maniera quasi del tutto invariata.

La diffusione del Ju Jitsu ha il suo apice nel medioevo giapponese quando le scuole di arti marziali, finanziate dai clan delle province e dall’impero, formavano militarmente i giovani guerrieri “bushi” e i samurai.
Alla fine del XIX secolo, invece, assistiamo al declino di molte scuole di arti marziali (quindi anche di Ju Jitsu), poiché, con le riforme del 1871, furono private del sostegno economico dello Stato e dei clan.
La decadenza dei samurai e del Ju Jitsu fu repentina, ma qualcosa sopravvisse.
Molti samurai, trasferirono il loro codice etico nei nuovi lavori che cominciarono a intraprendere e alcuni grandi maestri ebbero l’intuizione di trasformare le conoscenze acquisiti nelle “vecchie” scuole, per arrivare a un’evoluzione del Ju Jitsu, che non si sarebbe più orientato alla formazione di guerrieri, ma sarebbe stato accessibile a tutti, avrebbe educato il corpo e la mente dei cittadini giapponesi del futuro XX secolo, assumendo sempre più la parvenza e le caratteristiche di quello che in occidente era chiamato sport.
In questo periodo videro la luce, il Judo, l’Aikido e altre discipline marziali che vennero diffuse in tutto il mondo. Per buona parte del XX secolo il Ju Jitsu è stato praticato da un numero esiguo di persone, messo in ombra dal successo del Judo e del karate, che, grazie anche al loro risvolto sportivo agonistico, hanno dominato la scena delle arti marziali nel mondo, arruolando milioni di praticanti.

Negli ultimi vent’anni la tendenza è decisamente cambiata, molte persone hanno riscoperto l’arte marziale degli antichi samurai, adottando il suo metodo educativo e la sua efficacia come sistema di difesa personale. Inoltre alcuni stili di Ju Jitsu, integrandosi con studi moderni sulla pedagogia e sulla metodologia didattica applicata all’insegnamento del Judo, hanno sviluppato un sistema didattico che permette il godimento della pratica del Ju Jitsu ai bambini, così come agli adulti, anche in età avanzata.
Nell’offerta ai bambini, l’obiettivo è offrire un servizio capace di sostenere e aiutare i minori nel loro sviluppo psico-fisico attraverso attività che, al contempo, offrono occasioni di incontri formativi, svago e divertimento”. Per tali scopi il dojo (palestra) si propone come agenzia educativa alternativa che, al pari della famiglia e della scuola, può diventare nucleo di socializzazione, dimostrandosi in grado di offrire modelli comportamentali di riferimento e valori condivisi. In generale, le attività sportive, mirano a rafforzare: - l’interazione e la socializzazione con i compagni; - l’interiorizzazione delle regole del gioco e del rispetto degli altri; - il senso di appartenenza al gruppo; questi elementi sono fondamentali e aiutano il bambino a strutturare la propria personalità. La scelta della disciplina del ju-jitsu, nasce dal fatto che questa attività (sport), molto più di tante altre attività sportive, offre la possibilità di prendere coscienza del proprio corpo, dello spazio fisico, socio-simbolico, psichico e di relazione, aiuta a esprimere le proprie emozioni e soprattutto ad acquisire autocontrollo, a prendere coscienza della propria forza fisica, dell’aggressività (intesa come istinto) guidando l’individuo verso il raggiungimento di un proprio equilibrio interiore. Le arti marziali, infatti, si basano sul principio della “non violenza” e riescono a trasmettere valori quali rispetto, lealtà, sincerità, disciplina e autocontrollo che rappresentano una peculiarità distintiva del Ju Jitsu. Il Maestro ha la possibilità di monitorare ogni singolo bambino nello svolgimento dell’attività sportiva, dando il giusto supporto là dove si ritiene necessario intervenire, non solo tecnicamente, ma anche ai fini relazionali, agevolando e ponendosi come mediatore del processo di socializzazione dei minori attraverso modalità nuove, potenziando comportamenti e dimensioni sportive e ludico-ricreative non violente, favorendo in tal modo anche un corretto utilizzo della competizione e dell’interiorizzazione delle regole.

Ai minori che rientrano nella fascia di età compresa tra i quattro e gli otto anni, la pratica del Ju Jitsu è strutturata prevalentemente alla ricerca di esperienze motorie semplici e combinate ma lontane da una prematura specializzazione (tipica di molti sport) che si rivela nociva.
I bambini hanno la possibilità di imparare giocando, sia le abilità motorie di base quali camminare, correre, saltare, strisciare e arrampicarsi, ma anche la possibilità di ampliare e rafforzare la coordinazione, l'equilibrio e la mobilità articolare, correggendo ove possibile, con l’ausilio degli istruttori, gli errori posturali, acquisendo capacità cinestetiche, percettive, e migliorando l’attenzione e il comportamento.
Inoltre, il bambino è avviato alla vita di gruppo e dunque all’acquisizione del rispetto delle regole e della cooperazione.
Il programma tecnico svolto dal gruppo dei minori di età compresa tra i nove e i tredici anni, invece punta sulla strutturazione progressiva della muscolatura, che consente ai ragazzi di acquisire una migliore agilità e rapidità nei movimenti, arricchendo in tale modo il loro bagaglio motorio.
Anche con questo gruppo gli istruttori diventano i mediatori di processi di socializzazione, agevolando l’interiorizzazione delle regole e la nascita dello spirito di gruppo.
Il lavoro svolto dagli insegnanti consente un efficace raggiungimento dei fini prepostii, realizzando attività adeguate a sostenere un equilibrato e armonico sviluppo psico-fisico dei minori attraverso incontri che allo stesso tempo diventano, oltre che momenti di attività fisica anche momenti di forte aggregazione, svago e divertimento.

Un’ulteriore parte del programma si occupa dell’aspetto tecnico specifico dell’arte marziale, in riferimento al “controllo dell’energia propria e dell’avversario”.
Il Maestro dedica molte lezioni per riuscire a fornire unacorretta illustrazione di questo concetto che risulta alquanto difficile sia da spiegare, sia da interiorizzare nel suo giusto valore e significato. La difficoltà del gesto tecnico, infatti, che ha come fine il controllo dell’energia dell’avversario, non è un concetto di facile assimilazione e utilizzazione, poiché agire senza mai ricorrere alla violenza e nel pieno rispetto del compagno, che non deve essere visto come un nemico da abbattere ma come un avversario che va semplicemente controllato, richiede ampio autocontrollo dei propri movimenti e della propria energia, cose che sono raggiungibili nel tempo attraverso tanto impegno, costanza e allenamento. L’acquisizione della tecnica rivela enormi difficoltà e può essere veramente applicata correttamente solo quando ogni praticante raggiunge il pieno autocontrollo della propria forza ed energia, un’assoluta padronanza delle proprie emozioni e potrà conseguentemente mettere in pratica la tecnica giusta di bloccaggio dell’avversario nel suo pieno rispetto e nel rispetto delle regole del gioco. Per la migliore efficacia nell’apprendimento, le classi rivolte agli adulti sono differenziate per gradi d’esperienza, qui il praticante ha la possibilità di imparare e approfondire le proprie conoscenze tecniche orientate alla difesa personale, operare un lavoro fisico accurato che può migliorare, in brevissimi tempi, la qualità della vita. Senza limitazioni d’età, gli atleti usufruiscono delle più efficaci tecniche di rilassamento e allungamento muscolare e articolare (stretching), godendo in modo graduale dei benefici di una buona mobilità articolare.

Vorrei evidenziare, in ultima analisi, come l’evoluzione del Ju Jitsu e dello sport in generale, è dovuta essenzialmente allo sforzo prodotto da “Maestri”, che con umiltà e abnegazione, lavorano incessantemente per la continua crescita tecnica e mentale di sé e dei propri allievi, contribuendo in modo significativo alla divulgazione di valori etici e morali, vecchi di secoli, che si propongono come soluzione alla crescita evolutiva della società del XXI secolo.
tratto da "Sport e Arti Marziali nell'era della globalizzazione " di Antonio Zafarana
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